25/11/10

THE LINK QUARTET

The Link Quartet

Vorrei fare un appello ad alzata di mano per contare quanta gente non ha mai ballato o sia riuscita a non battere piedi e mani al suono dell’hammond. Oppure mi basterebbe capire quanti non si siano meravigliati dal vedere - ed è fortuna, credetemi! – quello strumento simile ad un pianoforte chiuso in una scatola di legno che suona come se fosse un organo a canne.

L’hammond è stato inventato per sostituire i costosi e impegnativi organi nelle chiese. Costosi perché la loro produzione artigianale richiede maestranze difficili da reperire – oltre alla necessaria ricalibratura periodica delle singole canne – e impegnativi perche lo spazio occupato da un organo a canne può averlo solo una chiesa ricca e grande come le cattedrali o le basiliche europee. Le piccole chiese della provincia americana non erano certamente in grado di competere con gli spazi e la ricchezza delle grandi chiese ma, al loro interno, la liturgia era caratterizzata da teatralità e forza espressiva. Ciò che mancava era uno strumento che corrispondesse alle esigenze.

L’ing. Hammond, così, inventò questo strumento particolarissimo che, seppur privo di canne, riproduceva perfettamente la musicalità dei grandi organi ecclesiastici con un suono orchestrale completo in cui l’orchestra, in realtà, era un solo musicista che, lavorando sulle note e sulle armoniche, produceva un sound avvolgente e completo di tutte le scale e tonalità. Ciò avveniva nel 1935 e sino agli inizi della Seconda guerra mondiale, l’hammond fu effettivamente protagonista della musica nelle cappelle americane.

Poi, la Seconda guerra mondiale fu il volano per il successo dell'hammond come strumento per far ballare: i soldati americani che arrivavano in Europa si portavano dietro voglia di ballare e di stare insieme e l'hammond era quello strumento che le cappellette militari mettevano a disposizione. Fu così che s’iniziò ad usare l’hammond oltre all'uso liturgico in quel fenomeno di liturgia del divertimento e del ballo che fu la musica americana in Europa durante e dopo la guerra. L’hammond ha così iniziato un viaggio che l’ha portato ad attraversare la storia della musica dal blues al rhythm & blues al rock ‘n roll, dal pop al rock all’hard rock, dal jazz al soul al soul jazz al funk, sino ad arrivare ai giorni nostri.

Splendidi eredi di quella famiglia di musicisti che si sono dedicati allo studio ed all’applicazione delle sfaccettature sonore dell’hammond sono i Link Quartet da Piacenza. Nati da un’idea del chitarrista Mr.Link aka Giulio Gardini i Link Quartet, oggi, dopo una serie di cambi nella formazione, possono essere considerati, tranquillamente, la miglior hammond band presente sul panorama musicale italiano e a livello europeo la band che ha proseguito, reimpostandola, la traccia dei James Taylor's Quartet.

Il loro primo disco, Episode One, uscito per la spagnola Animal Records, nel 2001 è un lavoro di cover strumentali godibilissime che sorprendono per freschezza ed incisività, in cui il sound rievoca scene da film anni ’70. Non si tratta di semplice revival, anche se la band ripesca a piacimento brani dai repertori di gente come Lalo Schifrin, Nino Ferrer, Quincy Jones, Small Faces e persino dei Green Day, dei quali rileggono "Espionage", ma di una vera e propria rilettura dei brani secondo lo stile della formazione. I Link Quartet dimostrano, in questo lavoro, con il loro sound, di essere capaci come pochi di personalizzare brani altrui evitando sbavature.

Ma è con i lavori Beat.it del 2002 e Italian Playboys del 2004, entrambi usciti per l’americana Hammondbeat, che i Link Quartet, con una formazione ulteriormente cambiata, iniziano un percorso di completa caratterizzazione del loro sound distaccandosi un po’ dal percorso acid jazz e lounge del periodo anni ’90.

Italian Playboys, in particolare, è un disco più vario e consapevole in cui i LQ dimostrano di aver preso coscienza e sicurezza e ognuno dei 14 pezzi prende le mosse da atmosfere particolari (jazz, rock, funky, soul, lounge, progressive, new jazz etc), trasformandole e rendendole omogenee all’insieme. Le influenze sono quelle sonorità proprie del background musicale degli anni ’60 e ’70.

Move Move Move, da Italian Playboys, è una cover accattivante - un classico molto difficile da reinterpretare ( la reinterpretazione, spesso, da origine a scopiazzamenti malriusciti, vaghi e malati, o a riletture non facilmente riconoscibili...) - ed è stata inserita nell'album dopo la tournée americana, su richiesta della produzione discografica. Lady Shave, sempre da Italian Playboys, è un altro pezzo che viene fuori dai live set ( era usato come brano d'apertura nella tournee spagnola del 1999). La vera forza dei LQ è nella loro capacità straordinaria di tenere il palco, di cantare e suonare dinnanzi al pubblico facendolo ballare con le percussioni, con la ritmica di basso e batteria, con l'acidità del suono dell'hammond e con il classico uso funkista sincopato della chitarra. La fluidità di Move Move Move e Lady Shave è una propria dei live set.

Glass Onion è una cover dei Beatles (White Album) ritrasformata e dotata di una nuova personalità. Ciò è dovuto alla formazione musicale dei componenti della band: da Jack McDuff e tutta la produzione soul jazz americana (la loro natura black) a quella straordinaria produzione mood/northern soul di gran parte del sound anni'60, sino al rock british school ( la natura white...) di Brian Auger. Una miscela esplosiva, avvolgente, fluida e continua supportata in live da chiari riferimenti cinematografici e d'arte visiva degli anni '60.

Con Decade (Hammondbeat, 2006), un ep con Sweet Little Apples, Don't Brust My Bubble, Mao et Moi e Three In A Bed, dopo un ulteriore cambio di formazione, i Link Quartet celebrano il loro decennale di attività e, con due brani inediti e due già pubblicati in altre compliations del settore, mostrano un ulteriore salto di qualità.

Il sound è marcatamente funk/soul jazz vintage, con punte acide ed aggressive.

In Fast Girl & Sexy Cars, sempre della Hammondbeat (2009), l'ironia non si ferma al solo titolo. Il brano è divertente, fresco nel suo richiamo vintage, e presenta ampi riferimenti alle tonalità spinte di McDuff, Jones, Patton, Wilson e ammiccamenti al JTQ.

Poi l'ingresso nella RecordKicks, produzioni nu soul nu funk, con la collaborazione della splendida voce di Giselle Smith in un sound molto vintage e moderno, tanto accattivante e tanto bello, su quella linea di sonorità tracciata da eminenze musicali contemporanee.

Il loro è un sound attuale che cerca la sua attualità nel passato. Anni trascorsi di musica moderna.

Il tempo dei Link Quartet è tempo di musica moderna.

...e di loro ne sentiremo parlare nel tempo.

Buona musica.

Vincenzo Altini

Nessun commento:

Posta un commento

Ratings and Recommendations by outbrain