22/11/10

GEORGE CLINTON - PARLIAMENT - FUNKADELIC



Funk, ultima frontiera.

Ecco a Voi i viaggi della Nave Madre, durante la missione diretta all'esplorazione di strani mondi, alla scoperta di nuovi suoni e nuove forme di vita, fino ad arrivare là, dove nessun uomo è mai giunto prima.

È l'Anno Domini 1975, l'era del puro funk ha inizio, la black music prende forma nella sua essenza più pura; George Clinton ed il suo bassista Bootsy Collins ricevono una visita sulla via del ritorno a casa: “Una luce rimbalzava da una parte all'altra della strada; la vedemmo più di una volta e ricordo che dissi qualcosa a proposito del fatto che la Mothership era arrabbiata con noi perché avevamo rivelato il funk alle masse senza permesso...proprio in quel momento la luce colpì l'auto, l'illuminazione stradale scomparve e improvvisamente ci ritrovammo da soli, senza nessuno attorno...Dissi: <>. Sono le parole del Primo Ministro del funk, George Clinton, l'uomo che più di chiunque altro ha creduto nella musica come in una religione, carismatico al punto di raccogliere sotto la sua ala un così vasto numero di musicisti da chiedersi chi dei mostri dell'epoca del funk non abbia suonato con lui piuttosto che chiedersi chi abbia collaborato a qualcuno dei suoi stravaganti progetti. Da qualsiasi sostanza sia stata causata questa visione poco importa, fu il momento della rinascita per il funk e per i suoi predicatori.

Dagli anni '50 molti episodi si succedettero nella vita musicale (e non) di George Clinton, ma, come in un circolo vizioso, un elemento tornava sempre: la voglia di radunare i migliori (e i più pazzi) musicisti in circolazione per far sì che il verbo del funk si diffondesse, perché, dice il saggio “Il funk è quello di cui hai bisogno in ogni momento”; era la formula perfetta contro la “sindrome” della “doppia coscienza”, l'essere di colore ed il sentirsi a disagio nella proprio paese, quegli Stati Uniti d'America che vedevano tutto bianco o nero, ma soprattutto bianco. C'era bisogno del funk come di aria pura, un nuovo credo, una speranza cui aggrapparsi per sentirsi parte di un “tutto”, nel sogno della connessione alla coscienza collettiva, al fine della creazione di un mondo perfetto, in tutto e per tutti.

Prima furono “Parliaments”, sonorità doo-wop ed un solo singolo di successo, “(I Wanna) Testify”, emerso grazie all'incarico di Clinton alla Motown in veste di autore; poi furono “Parliament-Funkadelic”, un ensamble di musicisti con diverse provenienze (dalle band di Sly Stone e James Brown per esempio) che nel 1975 diede vita al progetto che palesò il funk agli occhi del mondo: l'Lp “Mothership Connection” ripulì il genere da tutti i fronzoli dati dalle ballads sempre presenti negli album black, regalando al mondo della musica ciò di cui aveva bisogno senza saperlo (coscientemente almeno), gettando le basi per il futuro, piantando i semi per il genere che ne seguì e che dal funk attinse a piene mani: l'hip hop. Molti musicisti devono la loro fama a brani dei Parliament-Funkadelic, campionati e rivisitati a man bassa. Nel mondo reale, purtroppo, George Clinton non potè approfittare di questa ricchezza a causa di guai legali dovuti all'utilizzo degli stessi musicisti per formazioni diverse (Parliament, Funkadelic, Bootsy's Rubber Band, Brides of Funkenstein) sotto diverse etichette, tutte band oggi conosciute sotto il nome di “P-Funk”: significa forse Pure Funk? Sì, è il funk allo stato puro, quello che ti legge nella mente, che ti entra nelle vene per divenire parte di te, fino alla fine del tempo e dello spazio. Se è questo quello che vi smuove lo stomaco, che vi fa ribollire il sangue, allora mandate al diavolo qualunque ostacolo tra voi e la vostra vera natura, recatevi nel miglior negozio di dischi della vostra città (ma di quelli piccoli, a gestione familiare) e chiedete al commesso il miglior disco funk che sia mai stato prodotto nella storia: vi chiederà di attendere qualche istante, sparirà dietro ad una porticina che nemmeno avevate notato, e tornerà con il suo miglior sorriso stampato sul volto e ciò che avevate chiesto: “Mothership Connection”. Vi dirà che potrà fornirvene altri, “Cosmic Slop” dei Funkadelic per esempio, prezioso per la cover art di Pedro Bell; “Osmium” dei Parliament, che riporta incisioni di gospel, rock e di funk, quello vero. Ci pensate su e gli fate notare che questi titoli erano già nella vostra lista ed una espressione sorniona basterà a fargli capire che voi sapete di cosa state parlando e gli direte che farà meglio a prepararsi al vostro ritorno, per l'acquisto dell'album che vi sconvolgerà, dall'inizio alla fine: “Maggot Brain”, dei Funkadelic; sì, esattamente quel contenitore di suoni che friggono il cervello, quell'album dalla copertina eloquente (una testa di donna che esce, urlante, dal terreno), una tirata polemica sulla paura acclusa alle note di copertina...voi siete pronti per una crociera sull'astronave del funk.

Questa nave è anche la vostra.

Intraprenderete un viaggio attraverso spazi ancora inesplorati, spingendovi con coraggio dove nessun uomo (forse) è mai stato prima.

Astrid Majorana

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