10/12/09

INCOGNITO




Lo chiamavano acid jazz. Neologismo coniato da Gilles Peterson, dj e produttore britannico, per descrivere una miscela ballabile di jazz, funk e soul, che si contrapponeva all’acid house, regina dei dancefloor inglesi tra la fine degli anni ’80 e l’inizio dei ’90. Suoni caldi e groove incalzanti, molto vicini a un certo funky degli anni ’70, contro i suoni freddi delle batterie elettroniche. Altro che smile verdi, simbolo dell’acid house: finalmente si poteva a tornare a “scuotere i sederi” con il sorriso vero sulle labbra.

Accostare i termini acid jazz e Incognito è quasi scontato, perché il gruppo inglese capitanato dal chitarrista Jean-Paul 'Bluey' Maunick è tra i precursori, e tra i più longevi, del genere.
Il loro primo album “Jazz funk”, quasi totalmente strumentale, risale al 1981. Trascurato all’inizio, viene rivalutato quando il gruppo si fa conoscere dal grande pubblico con tre album nel giro di tre anni.
Nel 1991 esce “Inside life” per l’etichetta Talkin’ Loud, fondata da Gilles Peterson. Spiccano “Can you feel me” e, soprattutto, la cover di un brano di Ronnie Laws, “Always there”, nella quale le doti vocali di Jocelyne Brown vengono esaltate dall’arrangiamento accattivante di Bluey.
Neanche il tempo di entusiasmarsi per questa piccola perla che, nel 1992, arriva il turno di “Tribes, Vibes & Scribes”. Anche questa volta la chicca dell’album è una cover: “Don’t you worry ‘bout a thing” di Stevie Wonder, reinterpretata dalla voce calda di Maysa Leak, arma letale del gruppo. Il brano fa il giro del mondo, anche nelle sue versioni remix, e serve a lanciare un album ricco di ottimi spunti.
La consacrazione arriva nel 1993: “Positivity” è l’album che meglio rappresenta gli Incognito. “Still a friend of mine” e “Where do we go from here” diventano subito dei classici, “Givin’ it up” e “Pieces of a dream” riempiono le piste. Il gruppo è diventato una sorta di combo nel quale i cantanti e i musicisti che collaborano al progetto, suonano con gioia e affiatamento, quasi come avveniva ai tempi degli Earth, Wind & Fire.

Bluey si prende un po’ di respiro per ripresentarsi nel 1995 con “100% and Rising”. Dovrebbe essere il disco della maturità, invece è un buon album, patinato, al quale manca la spontaneità dei precedenti. Si intravede qualche raggio di sole in “Good love” e, soprattutto, nella solare “Everyday”, ma il resto si potrebbe tranquillamente ascoltare in radio senza entusiasmarsi troppo. Da lì in poi una serie di album, con sonorità vicine a certa dance modaiola, con pochi momenti carichi di quella verve iniziale del gruppo, e guarda caso si tratta soprattutto di cover, come “Nights over Egypt” delle Jones Girls.

Gli Incognito cambiano etichetta e iniziano a incidere per la Dome, per la quale realizzano tra gli altri “Who needs love” (2003) e “Adventures in Black Sunshine” (2004), due album molto gradevoli, nei quali ritorna a intravedersi la luce di Bluey, oltre che, solo nel secondo, la voce di Maysa Leak.

Gli Incognito continuano a offrirci spunti di classe - l’ultimo album ufficiale “Tales from the Beach” è del 2008 - e dal vivo sono travolgenti ma il periodo della Talkin’ Loud sembra lontano e, forse, irripetibile. E’ il destino che ha accompagnato i gruppi acid jazz, come i Brand New Heavies, gli Urban Species, gli US3… ma queste sono altre storie delle quali presto torneremo a parlare.

Mr. Soundelicious


2 commenti:

  1. Ciao! Consiglio vivamente un disco che secondo me è bellissimo e vi piacerà molto se apprezzate Incognito (un po' più duro, in realtà):
    Revolution Void - Increase The Dosage.
    E' un acid jazz molto elttronico ed è ascoltabile e scaricabile gratis su Jamendo.com (su licenze creative commons, molto meglio della siae!!)
    Complimenti per il Blog, molto interessante!
    B&B.

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  2. Ciao, grazie per il tuo consiglio, verrà preso in considerazione!!

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