08/03/10

HANK MOBLEY



Peso Medio

Poche volte mi sono trovato dinnanzi a frasi che riescono a sintetizzare la vita e le propensioni tecniche di un musicista come quella in cui Leonard Feather descrive Hank Mobley definendolo “ il campione dei pesi medi del sax tenore”. Se vogliamo, una frase come questa, data da un critico eccelso e raffinato, come Feather, può essere vista come una profonda bocciatura, un secco no alle propensioni artistiche di un sassofonista, e per farlo basterebbe leggerla con un interpretazione media, letterale, dando peso alle parole “peso medio” e, in tal modo, relegare Mobley all'interno di un quadro di mediocrità. Il peso medio, non sarà mai un peso massimo e la sua storia non sarà caratterizzata da eccellenze.
Se mi fermassi ad una simile considerazione non comprerei mai dischi di Mobley e se lo facessi lo farei solo per la splendida eccellenza delle copertine delle sue produzioni. Però mi perderei una serie di risposte a cui non arriverei non avendo modo, senza i dischi di Mobley, di pormi le domande principali: so che Leonard Feather considerava “Goin Up” di Freddie Hubbard una specie di biglietto da visita pieno di orpelli e di raffinatezza - e lì, con Hubbard, che firma la produzione, troviamo Hank Mobley al sax tenore e, inoltre, Hank Mobley è stato per quasi tutta la sua carriera il tenorista principale di casa Blue Note. Come mai, allora, Feather dà del mediocre a Mobley? È mai possibile? Devo dirlo: la frase di Feather mi incuriosisce e mi spinge ad andare avanti…
C'è da considerare che all'epoca in cui Feather coniò la sua frase il campione del mondo dei pesi medi di pugilato era un certo Ray Sugar Robinson che, in quanto a tecnica e propensione all'aggressività, capacità di spettacolo e fascino, ne aveva da insegnare ai grandi pesi massimi contemporanei...
Mi fermo un attimo e cerco di capire cosa significhi la frase di Feather.
Hank Mobley nacque a Eastman in Georgia, il 7 luglio del 1930 con il nome di Henry ed assunse il nomignolo Hank per via della folta capigliatura con la quale si presentò all'audizione per entrare in band con Max Roach nel 1950. Fu lo stesso Roach a chiamarlo Hank, invitandolo, dopo avergli comunicato l'ingresso nella band, ad andare a tagliare i suoi capelli: la matassa che aveva in testa – Hank, appunto.
Dopo Roach le collaborazioni di Mobley registrano nomi altisonanti (Gillespie, ad esempio) e risulta essere, con Horace Silver, il fondatore dei mitici Jazz Messengers: era con Silver quando Alfred Lions chiese al pianista di creare un “... gruppo di fiati per sostituire i mitici Trios...”. Questa collaborazione, questa nascita, portò per Mobley la registrazione a suo nome di un album, il primo, un sedici pollici “ Hank Mobley Quartet” accompagnato dalla ritmica dei Messenger. In seguito troviamo la leadership di Mobley in una decina di formazioni di Hard Bop, oltre alle formazioni di Balkey, Reece e Monk.
Tra una collaborazione e l'altra arriviamo al 1961: Mobley entra nel Miles Davis Quintet in sostituzione di John Coltrane. Memorabili, in questo periodo, sono il doppio album live a San Francisco, “ Friday and Saturday Night at the Blackhawk” con “So What” e “Neo” e, successivamente nella registrazione dell'altro straordinario album davisiano, “ Miles Davis at Carnegie Hall” con il celebratissimo assolo di “Oleo.”. In questi brani, Mobley si presenta con straordinaria maestria con idee, risorse tecniche e uso del tempo, al punto che, negli anni Miles Davis dichiarerà apertamente che Mobley è stato il suo sassofonista preferito.
Il sodalizio con Davis s'interrompe nel 1962 ed il motivo è tutt'altro che tecnico: Davis reimposta il suo quintetto, dandogli quella che sarà la caratterizzazione definitiva, liberandosi di musicisti quali Mobley e Chambers, per i ben noti problemi di droga. Davis dirà: “ ...Tutti mi parlano di quegli anni (quelli di Coltrane, Mobley e Chambers, ndr) come della mitica età dell'oro, ma erano anni di merda. Non ne potevo più di musicisti che arrivavano in ritardo, sempre “fatti” o senza strumenti che avevano venduto o impegnato per una dose...”.
Mobley, però, aveva già avuto modo di crearsi una sua identità sfruttando la ritmica del quintetto davisiano, Kelly – Chambers, con in più Art Balkey, e sottoscriverà quel contratto che l'accompagnerà nel resto della sua carriera: il contratto con la Blue Note.
Con la Blue Note arriverà a produrre un nucleo di album assolutamente fantastici: ”Roll Call”, con Hubbard alla tromba, e “Soul Station”, in quartetto, ad esempio doveri rinveniamo, acusticamente, la sintesi dell'Hard Bop. È un esempio della dimostrazione della modernità del sound ricercato da un Blakey in strepitosa forma.
Hank Mobley è, qui, sulla guida ritmica di Balkey, l'espressione tipica di una sax tenore portato all'estremo, nell'arco della ricerca dei funambolismi sonori, sino alle soglie della frontiera della modernità. Sono album dell'inizio degli anni '60, che si completano, nella strategia commerciale della Blue Note, con “Workout” e “Another Workout”, in cui troviamo la straordinaria chitarra di Grant Green, che hanno qualcosa di unico e assoluto: sono fuori dal tempo, con sonorità moderne e fresche, in cui Mobley, non consentendomi di rispondere alla domanda sul perchè e sul reale significato della frase di Feather, mostra di essere un colosso e senza alcun timore, si spinge ben al di là di ogni aspettativa. Il gioco ìmpostato in “Roll Call” è straordinario: Blakey e Chamber dettano, Kelly traduce e Hubbard e Mobley sono liberi di scorazzare portando sax e tromba a livelli vertiginosi. Qui a far da scuola è l'uso di Mobley dell'up tempo, tecnica che gli deriva dall'aver suonato a lungo con batteristi del calibro di Roach e di Balkey, il massimo in circolazione in quei tempi. Ogni brano, ogni passaggio, è elemento di studio. In “My Groove Your Move”, il contrabbasso di Chambers è un apripista, un indicatore di direzioni, ritmica bassa e avvolgente, per le scorribande verso le parti alte dell'atmosfera terrestre di Mobley e Hubbard. Qui si parla di nuovo groove, di capacità d'inventare suoni, d'improvvisare su ritmiche improvvise e cariche, in cui ogni strumento è, in se, un'orchestra, non solo parte di un gruppo.
“The More I See You”, una ballad di altri tempi con radici lontane dal groove ricercato degli altri brani, ci mostra come lo stile di Hank Mobley discenda da Charlie Parker e Lester Young, in eguale misura, con tutte quelle sonorità che ha portato con se dall'esperienza nelle R&B band degli inizi. L'uso del sax tenore in ballads come questa è un segno di vicinanza di Mobley a pesi massimi dello strumento, a quei colossi di tecnica contemporanei, quali Young, Coltrane, Rollins. Non una cosa da poco... E la tecnica sonora di Mobley dimostra di essere in evoluzione, infatti “The Breakdown” testimonia un distacco dal passato: è un riassunto dell'epoca parkeriana, un vero e proprio atto di stima e di distacco: è il 1960 e, voltandosi dietro, con la ritmica impostata verso il futuro, s'intravede Parker ed il suo sax suonare possente, ma fermo, sostanzialmente, nella sua epoca.
La vita musicale di Mobley continuò con un legame inossidabile con la Blue Note producendo, a proprio nome, oltre 25 album di altissima caratura, tra i quali voglio segnalarne alcuni: “ Caddy For Daddy” ( 1965); “ A Slice For Top” ( 1966) e “ Far Away Lands” (1967) - molto ma molto raro -, sino a scomparire definitivamente, a causa di un'inefficienza polmonare che lo portò ad allontanarsi dalle scene (1976, al sua ultima apparizione) ed alla morte avvenuta a Philadelphia il 30 maggio 1986.
Per rispondere alla domanda da cui sono partito, ho fatto un giro attraverso la musica di Mobley e quello che le mie orecchie riescono a percepire. Ho fatto alcuni cenni storici, ho cercato di ritrovare l'origine del contesto in cui la frase di Feather nasce e solo ora mi rendo conto di averla sempre avuta, la risposta. Era nell'esperienza di vita di Mobley e nella straordinarietà del suo uso dello strumento.
Essere qualificato il “campione del mondo dei pesi medi del sax tenore” nell'epoca in cui il campione del mondo dei pesi medi è Robinson, uno dei più grandi, non è un'offesa, ma un complimento. Uno straordinario complimento legato alla tecnica di Mobley, tecnica che contiene al suo interno l'aggressività di Coltrane ( peso massimo) e la leggerezza di Young ( peso leggero). I due campioni erano in contrapposizione, per la critica contemporanea. Una contrapposizione che la storia ha cancellato ed annullato in toto. Una contrapposizione in cui l'unica vera traccia è la frase di Feather per Mobley. Era la contrapposizione tra le i toni forti di Coltrane e quelli morbidi di Young.
E Mobley, essendo un peso medio, il campione del mondo dei pesi medi, era in grado di contenere entrambe le tecniche stilistiche.
Un campione a tutto tondo. Come ce ne sono pochi.

Buona musica.

Vincenzo Altini





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