29/04/11

SAM COOKE


La forza risiede nel coraggio del cambiamento. La novità stupisce, spaventa a volte, pone interrogativi ai quali rispondere è complicato, occorre, spesso, tutta una vita. Ogni uomo è parte della trasformazione, è esso stesso mutamento, e vi è stato un tempo in cui gli uomini si sono sentiti vivi, spinti dalla voglia di essere liberi e di poter esprimere la propria unicità.

Sam Cooke è stata voce di questo tempo, predicando l'arrivo dell'uguaglianza, della giustizia e della parità. Nella lotta per i diritti civili, ha dato un motivo per credere: “A Change is Gonna Come” , un cambiamento sta per arrivare, questo cantava, profetico, nel Febbraio 1964 al Tonight Show, pochi mesi prima di andarsene per sempre, ucciso con un colpo di pistola (per legittima difesa dicono), al Motel Hacienda, in California.

E quando i mormorii saranno finiti / E il tempo troverà la sua anima / Tutto quello che posso dirvi, cari/ È che Sam Cooke è vostro / Non invecchierà mai” (Dj The Magnificient Montague). Ed è questa la verità. Poco importa il finale nel motel da tre dollari, ciò che conta è quanto lui abbia significato nella vita.

Graziato da una voce potente e carezzevole, perfetta a livello tecnico (sapiente utilizzatore del “melisma”, l'estensione di una lunga sillaba su varie note o battute), fece proprio il gospel, lo portò in strada, lo fece respirare, lo rese carnale.

Già ai tempi dei canti in Chiesa, all'età di vent'anni, si era palesata la sua potenza: ogni suo assolo “faceva gridare e piangere le sorelle”, mistica era la sua voce, pura la sua anima.

È vero, ebbe fortuna negli incontri, sin dall'inizio, da quel James Woody Alexander – tenore dei Pilgrim Travelers – che da subito ne intuì l'incredibile talento.

Maturò molto negli anni, a tutti i livelli: la voce si faceva più morbida e al contempo sicura.

Ancora oggi riconosciamo l'esistenza di una dualità nella carriera di Sam Cooke (all'anagrafe Sam Cook, la “e” fu semplicemente un tocco di eleganza): il Sam delle ballate, dell'amore per la donna che non gli è accanto ma che presto sarà tra le sue braccia (“Bring It On Home To Me” - 1962), e il Sam delle canzoni ritmate, dai toni leggeri e spensierati (“Wonderful World” - 1958). L'album “Ain't That a Good News” (1964) è la nostra eredità in questo senso: racchiude la sua doppia natura e il significato tutto della sua carriera musicale: il gospel delle radici si è tramutato in musica dell'anima, sensuale sì, ma elevata, mai scontata o volgare; non “musica del diavolo” quindi, ma soul music.

Da quando lasciò i Soul Stirrers nel 1956 per avventurarsi nella carriera solista, crebbe in lui quella voglia di sperimentarsi che lo spinse ad un'intensa ricerca professionale. Grande manager di se stesso (fondò una etichetta discografica – Keen Records – e una casa editrice), capace di compiere le scelte giuste al momento giusto, Sam Cooke fu in grado di percepire i segnali del mondo che lo circondava, aperto alla vita e alle sue infinite sfumature. Nella canzone “Blowin'n The Wind” di Bob Dylan vide lo spiraglio per quel cambiamento che tanto aveva a cuore e colse la possibilità di dire la sua, a modo suo: sentiva che qualcosa stava davvero per accadere, con il cuore in mano si aprì alle persone per rassicurarle che quanto avevano sognato era vicino.

Il “cambiamento” era davvero alle porte e, a modo suo, ne prese parte, vivendo nel ricordo di chi, nelle sue parole, aveva trovato la forza di essere, finalmente, individuo.

Astrid Majorana

1 commento:

  1. molto bello l'articolo su sam cooke!
    complimenti Astrid!
    Max

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