07/09/10

Us3



Avere a disposizione l'intero catalogo della Blue Note Records è come entrare in una gelateria e poter assaggiare tutti i gusti senza alcun limite.
Con la stessa ingordigia di un bambino davanti a tanta bontà, i produttori inglesi Geoff Wilkinson e Mel Simpson, fondatori del collettivo Us3, si tuffarono in ogni singolo brano della storica etichetta jazz per cercare la nota giusta dalla quale far nascere il suono del futuro.

Siamo agli inizi degli anni '90, nell'era d'oro dell'acid jazz. Su una barricata si sostenevano i suoni acidi della prima house music, sull'altra il dj inglese Gilles Peterson aveva fatto riscoprire l'intensità della musica nera. Era il momento giusto per rilanciare la Blue Note, "la più cattiva etichetta discografica jazz del pianeta", conosciuta non solo per aver ingaggiato artisti del calibro di Art Blakey, Jimmy Smith, Hank Mobley, Sonny Clark, Sonny Rollins, Donald Byrd, Freddie Hubbard e Wayne Shorter, ma anche per le copertine di Reid Miles e Francis Wolff, precursori della grafica moderna.

Geoff e Mel vengono convocati negli uffici della Emi dopo il successo del loro brano The Band Played The Boogie, inciso per la Ninjatune Records, che riprendeva un successo di Grant Green, Sookie Sookie. Il timore di essere finiti in un mare di guai per aver campionato illegalmente il disco della Blue Note, lascia il posto allo stupore per la richiesta: riportare in auge l'etichetta con un suono nuovo, in grado di ricreare le atmosfere jazz in un club moderno.
Per convincere definitivamente il boss, Bruce Lundvall, bisognava però superare una ulteriore prova: realizzare un demo che dimostrasse le capacità di Geoff e Mel. Era stata solo fortuna o ci sapevano fare per davvero?

Il dubbio si sciolse quando Geoff, qualche tempo dopo, mise sul piatto Cantaloop (Flip Fantasia): Bruce Lindvall rimase fulminato da quella miscela esplosiva di rap, jazz e funk. "I musicisti jazz girovaghi della Blue Note sono tornati per volare nuovamente con le idee fresche e più profonde che attraversano lo stagno... e i più cattivi rappers dell'hip hop." La colonna portante del brano era costituita da Cantaloupe Island di Herbie Hancock, mentre l'introduzione parlata era tratta da A night in Birdland vol. 1
dell'Art Blakey Quintet.

Cantaloupe Island è tratto da Empyrean Island di Herbie Hancock (1964), dove la creatività del piano di Hancock gioca su una battuta ripetuta e portata alle massime conseguenze sulla linea del jazz modale. La ritmica, giocata ad intervalli aperti tra piano e basso e batteria, introduce il filicorno di Hubbard e lascia ampi spazi alle descrizioni ondeggianti del solismo di Hancock. Mano destra e mano sinistra sono indipendenti e il tempo è un'ombra sognante. Carter e Williams sono legati tra loro da doppio filo e Hubbard si svincola spesso lasciandosi introdurre - ed introducendoci, nell'ascolto - sulle tracce del sogno di Hubbard. (Marco Assanti)

Cantaloop anticipa il successo mondiale dell'album Hand on the torch (un milione di copie solo negli Stati Uniti, primo disco di platino dell'etichetta!), che anche nella grafica della copertina riprendeva l'inconfondibile stile Blue Note.
Si sente che Geoff ha avuto la possibilità di frugare a piene mani nell'archivio dell'etichetta.
Le voci di Kobie Powell e di Raashaan si incastrano alla perfezione sulla base di I got it going on, che prende spunto da Ronnie's Bonnie di Rueben Wilson; il rapper Tukka Yoot è il protagonista di Tukka Yoot's Riddim, che ancora una volta riprende parti di Sookie Sookie di Grant Green, e di Eleven long years, le cui radici vanno ricercate in Song for my father, suonata da Horace Silver, e Blind man, nell'esecuzione di Herbie Hancock.
Gli Us3 avevano tracciato una nuova strada per i giovani che non conoscevano tutta quella musica del passato e che, riscoprendo i grandi del jazz (Lou Donaldson, The Jazz Messengers, Thelonius Monk, Bobby Hutcherson), finalmente potevano apprezzarne le incredibili potenzialità.

Il tour mondiale che segue il disco e i numerosi attestati che il gruppo riceve (Album dell'anno del Japan's Swing Journal e il titolo di Musicisti jazz dell'anno dell'inglese The Independent), probabilmente confondono gli Us3, tanto che il disco seguente, Broadway And 52nd (1997) non ottiene lo stesso trattamento. L'idea è sempre la stessa, prendere in prestito le idee dal jazz per ricavarne qualcosa di nuovo, ma, vuoi per l'assenza di Mel Simpson o dei rapper del primo disco, questo nuovo lavoro, pur apprezzabile, sembra scarico, privo di quella freschezza che caratterizzava Hand on the torch.
Stessa storia per An Ordinary Day In An Unusual Place (2001), nel quale ricordiamo Get out e You can't hold me down, che lascia intravedere la voglia di Geoff di sperimentare qualcosa di nuovo inserendo ritmiche drum'n'bass e atmosfere indiane e latineggianti.
Trascurabili i lavori successivi, Questions (2005), Schizofonic (2006), Say what?! (2007) e Stop.think.run (2009): il tentativo di Geoff di tenere vivo il progetto con una etichetta indipendente è apprezzabile ma gli Us3 cadono inesorabilmente nel dimenticatoio.
Occhio a Geoff Wilkinson, però, è un tipo tosto, che non molla facilmente e, prima o poi, potrebbe riaccendere quella fiaccola, ritrovare l'ispirazione giusta o accedere a un archivio di note del passato per creare il futuro e aprire le menti.

Mr.Soundelicious

3 commenti:

  1. Non sapevo certi particolari ottimo articolo!!!
    Io penso però che anche il secondo album Broadway and 52nd sia un capolavoro!
    ciao
    Ramon Dr Sax

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  2. Grazie Ramon!
    Certo Broadway and 52nd è un bel disco, ma ha un difetto: essere venuto dopo Hand on the torch;-))
    Continua a seguirci

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