16/03/10

BLACK HEAT



E' molto frequente, nella storia della musica, la presenza di artisti e band che nella loro carriera hanno fatto pochissimo, ma la loro, se pur breve, discografia è inversamente proporzionale alla qualità delle loro musiche che lasciano dei solchi indelebili e arrivano con un eco potentissimo ai giorni nostri. Ne sono un esempio proprio i "Magnum" (di cui Black Vibrations vi ha già parlato): un disco nella loro storia, una discreta casa discografica, ma dei brani che ancora oggi fanno rizzare i capelli.
Stessa cosa vale per i Black Heat che però, a differenza dei Magnum, hanno avuto qualche possibilità in più:
la loro discografia è formata da 3 album, davvero molto belli, e soprattutto la loro casa discografica era una certa Atlantic Records, che evidentemente sarà stata sfruttata male dai Black Heat stessi, oppure l' etichetta non ha puntato più di tanto sulla band.
Sta di fatto che, come detto prima, hanno all'attivo solo 3 album, ma che album!!

Formati da Johnell Gray (voce, tastiere e organo), Bradley Owens (voce e chitarra), Chip Jones (voce e basso), King Raymond Green (congas percussioni, voce, nonchè anche fondatore della band), Esco Cromer (batteria), Ray Thompson (fiati) e Rodney Edwards (tromba), il loro suono è un mix tra il funk di New Orleans e quello di New York.

Il loro primo lavoro dal titolo "Black Heat" esce nel 1972 per la su citata Atlantic Records, dieci tracce davvero notevoli di cui alcune strumentali e altre vocali. Il funk è tirato e potente con chitarre, sessioni di organo, e fiati da paura. Brani come The Jungle, Barbara's Mood, Chicken Heads meritano davvero attenzione, ma tutto il lavoro in generale è formidabile!
Da segnalare anche la partecipazione del sassofonista David Newman, che non è un componente della band, nelle ultime due tracce.
Cosa molto interessante di questo lp, che puo' piacere e non (a me piace tantissimo) è la particolarità del suono sporco tipico del funk delle etichette indipendenti e inusuale per una casa discografica come la Atlantic.

Due anni più tardi i Black Heat sfornano "No Time To Burn" (1974 Atlantic Records), che già dalla copertina si presenta in modo egregio. Il contenuto, poi, per molti, è addirittura considerato migliore di quello del loro primo disco, secondo me stiamo sullo stesso livello, ossia altissimo. Da notare una leggera spruzzata di afro-funk durante alcuni momenti del disco e la presenza di alcune cover come Love The Life You Live dei Kool & The Gang davvero ben fatte.
Evidenziamo poi la title track No Time To Burn e You Should've Listened, ma soprattutto segnalo la lenta ed elegantissima Check It All Out un brano da sentire e risentire.

L'anno successivo, purtroppo, esce l'ultimo lavoro del gruppo dal titolo "Keep On Runnin'" (1975 Atlantic), anche qui la copertina è davvero bella e simpatica e la musica è altrettanto. Il brano che la fa da padrone è Zimba Ku (campionato da Biz Markie e damoltisimi altri artisti rap) con il suo breve ma conciso break di batteria iniziale. Anche in questo lavoro si può percepire dell'afro-funk, il tutto contornato dall' ottimo organo di Johnell Gray. Gli altri brani da segnalare sono sicuramente la title track Keep On Runnin', e la funky version di Drive My Car (di Lennon e McCartney).

Concludo soffermandomi sul fatto che, proprio perchè questi gruppi hanno avuto vita breve, nel caso dei Black Heat di soli 3 anni, non è facile reperire aneddoti o notizie riguardo la storia e la vita del gruppo. Fatto sta che noi di Black Vibrations sentiamo l'obbligo di far conoscere queste realtà attive negli anni 70 che non hanno avuto la giusta attenzione. Eh si perchè sono convinto che gli amanti dei Kool & The Gang o della Fatback Band ascoltando i 3 lavori su citati non potranno fare a meno di amare anche i Black Heat. Fidatevi.

Dj Danko.


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