30/03/11

JOHN COLTRANE

John Coltrane: dall’Atlantic Records alla Impulse!.

Il mio primo disco jazz lo comprai da un rigattiere dov’era facile trovare cose interessanti e piccole chicche. Aveva una copertina graffiata con macchie di umidità e chiari segni di usura su cui campeggiava una scritta in giallo in alto - COLTRANE JAZZ. Di jazz ero vergognosamente a digiuno e non sapevo che da quel momento in poi avrei iniziato un viaggio da cui, ancora oggi, faccio fatica a tornare.

Il jazz non è qualcosa che si può raccontare con semplicità: è fatto di tessiture di accordi e di note che, ad un primo acchito, sembrano ingombranti e fastidiose, ma che, col tempo, raggiungono le giugulari e fanno vibrare. Di solito gli “esperti” di jazz sono creature fastidiose, pericolose ed ammorbanti, che iniziano a parlare di ottave e di soluzioni armoniche e di frazionamenti di tempi che non lasciano presagire nulla di buono. In realtà la musica è fatta di ascolto ed ha bisogno di orecchie pronte a lasciare timpani e martelletto disposti a vibrare ed a trasmettere, ad ogni colpo, sensazioni

Ascoltare Coltrane è un’avventura che io consiglio a tutti, un’esperienza da provare, una volta almeno. E dopo l’ascolto, nella perfetta beatitudine che avrete sicuramente provato, vedrete che il vostro approccio con la musica sarà cambiato. Ecco: quando mi si chiede un consiglio da chi vuole iniziare ad avventurarsi nell’ascolto del jazz, dico d’iniziare da Coltrane. Sembra un’assurdità ma, in realtà, il coinvolgimento di cui si è parte mentre si ascoltano i dischi di John Coltrane, è, a mio parere, un ottimo modo per iniziare un’avventura fatta di musiche, storie e passioni emotive.

Vi ho già parlato di Coltrane, del suo periodo più complesso, fatto di vicende personali ardue (l’entrare e l’uscire continuo dalla dipendenza da eroina…) e professionali (è stato più volte senza "lavoro"), che arriva sino al 1959, anno in cui chiuse la collaborazione con Miles Davis e pubblicò Giant Steps. Questo disco è per tutti uno degli album, assieme a Kind of Blue (in cui Coltrane suona il sax tenore) e Milestone di Miles Davis oltre a Somethin’ Else di Cannonbal Adderley, che, in un certo senso, hanno dato inizio a quella corrente jazz chiamata “modale” che sarà protagonista per lunga parte degli anni ’60.

Ora è il caso d’iniziare il discorso sull’epoca d’oro di John Coltrane, che vede esplodere la sua creatività musicale.

Dopo la registrazione di Giant Steps, Coltrane produce, sempre per la Atlantic, Coltrane Jazz (1959) in cui Like Sonny (dedicata a Sonny Rollins che nel 55 gli aveva lasciato il posto nella formazione hard Bop di Miles Davis) e Harmonique sono, anche se legate stilisticamente alle sonorità boppistiche, un vero e proprio preludio al Coltrane degli anni successivi. Coltrane Jazz non è un album modale, non è innovativo e non fu molto apprezzato dalla critica e dal pubblico.

La vera scissione, però, quella che darà il colpo di grazia definitivo alle costruzioni stilistiche del boppismo, è My Favourite Things (1960), ancora registrato per la Atlantic.

Considerato da molti uno dei dischi fondamentali del jazz, My Favourite Things vede in scena, per la prima volta, lo storico quartetto coltraniano con Mccoy Tyner al piano, Elvin Jones alla batteria e Steve Davis al contrabbasso, teso ad interpretare in maniera magistrale i quattro brani contenuti nell’album.

Un piccolo passo indietro…

L’atmosfera tra Coltrane e Davis, dopo la registrazione di Kind of Blue e la definitiva fuoriuscita dalla formazione davisiana da parte del sassofonista, non lasciò un buon rapporto tra i due. Nonostante alcune collaborazioni momentanee, in sala di registrazione e in alcuni live set, Davis non aveva ben digerito la separazione da Coltrane. Inoltre, Kind of Blue (Miles) e Giant Steps (Coltrane) uscirono quasi contemporaneamente e sebbene la critica avesse espresso un parere equanime, le vendite del disco coltraniano andarono decisamente meglio: il sound di Coltrane piaceva indifferentemente a bianchi e neri e attecchiva decisamente nella comunità studentesca inoltre, all'interno dei collage, Giant Steps era nelle hit list. Ciò portò Davis a dire – come una moglie abbandonata e ferita… - che Coltrane era un buon sassofonista ma non il migliore con cui avesse suonato.

Coltrane, però, era un pacifista ad oltranza e amava la musica come strumento di pace e di fratellanza tra i popoli e non rispose verbalmente a Davis, anzi, lasciò quasi correre. Quasi…

La risposta che Coltrane diede è nell'esecuzione di Summertime - traccia compresa in My Favourite Things - reinterpretata nell'occasione privandola completamente di quelle note malinconiche di cui Miles Davis l'aveva condita nell'esecuzione per Porgy and Bess (album del 1958) e riempendola di quella forma di circolarità sonora che sarà elemento contraddistintivo del sound coltraniano. Il brano risulta essere estremamente coinvolgente, effetto ottenuto con l'applicazione dei concetti coltraniani di jazz modale dove l'esaltazione della melodia è data dalla ripetitività del tema frammentato in più scale differenziate da piccole variazioni tonali.

Il capolavoro, però, è la main title, My Favourite Things di Richard Rodgers da The Sound of Music, brano scritto, originariamente, per la colonna sonora del film "Tutt'insieme appasionatamente". La melodia del pezzo emerge molte volte nel corso di questa versione di 14 minuti e su di essa Coltrane e Tyner innestano lunghi assoli sulla ripetizione dei due accordi, Mi maggiore e Mi minore. L'assolo di Tyner è caratterizzato dall'essere molto ritmico, e dal non ricercare la melodia. Il brano è avvolgente, magnifico, e i 14 minuti della sua estensione sembrano essere un tempo indefinito in cui l’ascoltatore è circondato dall’abbraccio pacificatore del sax soprano di Coltrane.

My Favourite sarà seguito da altre pubblicazioni per l’Atlantic - Coltrane's Sound e Coltrane Plays The Blues - in un percorso che raggiungerà un altro apice con Olè Coltrane (1961), ultima incisione per la Atlantic.

Sull’onda dello straordinario successo di My Favourite Things Coltrane si ritrovò, improvvisamente, ad essere considerato come il musicista di maggior successo nell’ambito del jazz spazzando via totalmente i ricordi di quanto aveva fatto Charlie Parker e la fama di gente del calibro di Telonius Monk. Per tutti, Coltrane era diventato l’espressione del jazz moderno e il suo sax aveva uno dei suoni più riconoscibili dell’universo musicale.

Fu per questo che Creed Taylor’s della Impulse! considerando Coltrane un “…poeta che riusciva veramente a far parlare il suo sax…” gli sottopose un contratto per un’incisione, un solo progetto che avrebbe portato alla nascita di Africa/Brass in poco tempo. Coltrane accettò le condizioni e si dedicò a quest’opera monumentale dimenticando totalmente il suo legame con l’Atlantic. Un cavillo lo costrinse a rientrare velocemente a New York ed entrare in sala di registrazione.

Fu così che il 25 maggio 1961 Coltrane incise, con Eric Dolphy, Freddie Hubbard, Art Davis, Reggie Workman, oltre a McCoy Tyner ed Elvin Jones, in poche ore, una manciata di tracce, delle quali non fu mai del tutto soddisfatto, ma che sono considerate, da molti estimatori, tra i suoi capolavori. La lunghissima Olé, che occupava tutto il primo lato del lp, colpì molto la critica dell'epoca ed è uno degli esempi più chiari del genio di Coltrane. La title track è un brano di sapore e ritmo flamenco ispirato a una canzone folkloristica spagnola "Venga Jaleo". Che Coltrane si trovasse a proprio agio con le atmosfere spagnole si era capito dai tempi di Flamengo Sketches (Kind of Blue) ma in Olé, con la ripetizione di quanto sperimentato in My Favourite Things, si va oltre ogni previsione: un semplice tema che viene stravolto in innumerevoli ripetizioni alternate a lunghe fughe modali. Coltrane torna al sax soprano (l’approfondimento dello studio e l’uso di questo strumento gli era stata instillata da Davis) e, con il flauto di Dolphy, evoca atmosfere orientali e africaneggianti, mentre la tromba di Freddie Hubbard riecheggia atmosfere andaluse e arabe. Il punto forte del pezzo è l'incedere dei due contrabbassi, impegnati sin dall'inizio del riff e poi in un duetto nel quale si alternano, anche con l'uso dell'archetto, nella esposizione quasi ipnotica del tema. Il finale è un potente delirio di suoni prodotti dal sax soprano fino alla calma quasi surreale dell'ultima ipnotica esposizione del tema.

Il sassofonista, in pratica, trasformò un’apparente “seccatura” nell'occasione di esplorare ancora la Spagna e l'Africa e l'improvvisazione modale di cui era maestro.

Anche Olè Coltrane fu un successo e subito dopo il sassofonista tornò a dedicarsi al progetto Africa/Brass.

La produzione di Coltrane non è facile da catalogare. Negli anni della Impulse! – pochi anni, in realtà – Coltrane fu completamente preso dalla propria creatività musicale vivendo, quasi, in sala di registrazione sino a diventare il vero fautore di una delle case discografiche che hanno fatto la storia del jazz. Ma di questo ne parleremo un’altra volta. Il nostro viaggio, nella sua musica, continua.

Buona musica.

Vincenzo Altini


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