Il genio musicale, l’inventore di un genere tutto nuovo: l’Afrobeat, il soprannome più spesso affibbiatogli è “The Black President”.
Olufela Olusegun Oludotun Ransome-Kuti nacque il 15 ottobre 1938 in Nigeria, ad Abeokuta, in una famiglia della classe media. Tutti i componenti della sua famiglia erano in qualche modo coinvolti attivamente nel sociale: sua madre, Funmilayo Ransome-Kuti era una attivista del movimento anti coloniale femminista e suo padre, il Reverendo Israel Oludotun Ransome-Kuti, era un ministro protestante e fu il primo presidente dell’unione insegnanti in Nigeria; i suoi due fratelli, Beko Ransome-Kuti e Olikoye Ransome-Kuti, erano entrambi medici affermati e conosciuti in tutta la Nigeria e, da non dimenticare, il loro cugino Wole Soyinka fu il primo uomo africano che, nel 1986, vinse il premio Nobel per la letteratura!
Sicuramente crescendo in un ambiente così ricco di ideologie avverse al potere politico, incentrato sulla violenza e sulla repressione militare, egli poté trovare terreno fertile per cominciare il suo percorso di musicista prima e attivista poi.
Trasferitosi a Londra all’età di 20 anni per studiare medicina, decise poco dopo di iscriversi al Trinity College of Music: fu in quel periodo che prese forma il suo primo gruppo, i Koola Lobitos, una fusione tra jazz e highlife.
Nel 1960 sposò la prima moglie Remilekun, con la quale ebbe tre figli (Femi, Yeni e Sola).
Negli anni subito successivi all’esperienza londinese, ci fu la vera e proprio svolta nella carriera artistica di Fela: tornato in Nigeria, nel 1963 riformò la Koola Lobitos, partecipando attivamente come produttore radiofonico per la Nigerian Broadcasting Corporation.
In questo periodo, durante i provini per i nuovi musicisti del gruppo, conobbe il batterista Tony Allen, che accompagnò Fela per più di un decennio ricco delle produzioni più significative.
Fu proprio il genio artistico di Allen, con la sua rivoluzionaria ritmica percussiva capace di sostituire una intera orchestra di drums, a donare la forma definitiva di quel genere che Kuti, nel 1967, durante un viaggio in Ghana alla scoperta di nuovi stimoli, battezzò col termine Afrobeat.
Fondamentale nel 1969 fu l’incontro, negli Stati Uniti, con la partigiana Sandra Smith del Black Panther Party, movimento di emancipazione della popolazione afroamericana, che influenzò molto il messaggio della sua musica, tanto da rendere i suoi testi incentrati sulla critica della politica dittatoriale adottata nel suo paese natale, un esempio su tutti l’album intitolato Zombie.
Fela credeva nell'idea di una repubblica africana unita e democratica, in quanto sostenitore del Panafricanismo e del socialismo, inoltre, durante gli anni settanta e ottanta, nei suoi testi si delineavano le critiche più aspre alle dittature e ai governi militari in Nigeria; di conseguenza fu fiero sostenitore dei diritti umani!
Contemporaneamente attaccava il comportamento delle upper class, le quali, secondo lui, si piegavano dinanzi al volere della dittatura, distruggendo in questo modo le antiche tradizioni africane.
The ’69 Los Angeles Sessions è riconosciuto come il primo album di Fela con l’originario gruppo, nel frattempo rinominato Nigeria ’70, registrato in pochissimo tempo a Los Angeles e in modo illegale, in quanto i componenti erano sprovvisti di permessi di lavoro. In questa sua opera si percepiscono alcuni richiami alla musicalità radicalmente funk di James Brown, che successivamente influenzerà la visione del giovane musicista.
Al rientro a Lagos, il gruppo fu ancora ribattezzato con il nome di Africa ’70 e, oltre al nome cambiarono definitivamente anche i contenuti dei loro brani: abbandonati del tutto i temi sentimentali e le canzoni d’amore dal successo radiofonico assicurato, produssero veri e propri messaggi di propaganda politica e sociale.
Fu allora che Fela diede vita alla Kalakuta Republic: uno studio di registrazione, una comune, ma anche una vera e propria casa per tutti i collaboratori attivi nel suo nuovo movimento, tanto da dichiararsi indipendente da tutto il resto dello stato della Nigeria.
La tradizione africana in cui credeva ammetteva anche la poligamia, e la stessa Repubblica di Kalakuta era stata fondata come luogo in cui la poligamia era in generale consentita. Pur non facendo prettamente parte della cultura africana, va notato come Fela fosse molto liberale in materia di sessualità, come emerge nella canzone Open and Close. Egli espresse anche alcune idee che potrebbero essere considerate sessiste, come quando, ad esempio, descrive le donne come delle "bambinaie".
Ma il suo exploit più provocatorio e sensazionale fu forse quello che nel 1982 lo vide sposare simultaneamente 27 donne (dalle quali divorziò nel 1986).
Alla sua rivoluzionaria visione della musica e della politica Fela accostò uno stile di vita che attirava i guai come una calamita: notoriamente avvezzo alla marijuana, donnaiolo e anticonformista (nota la sua abitudine di girare in mutande), Fela, per sottolineare il suo distacco dalla realtà colonialista, rinnegò il suo nome intermedio europeo Ransome (quel nome da “schiavo”) per adottare il nuovo middle name di Anikulapo ovvero “colui che dispone della propria morte”.
Da qui in poi il successo aumentò, Fela quindi decise di adottare come lingua per le sue canzoni il pigdin inglese, comprensibile in tutti gli angoli dell’Africa, dove le lingue e i dialetti sono davvero numerosissimi.
Nel 1977, sempre con gli Africa ’70, diede vita all’album Zombie, un vero e proprio affronto alle autorità militari, in cui la metafora degli zombie è usata per descrivere le truppe di soldati-burattini, mossi dalla volontà della classe imprenditoriale e sfruttatrice delle masse più deboli.
Questo successo però cominciava a disturbare la repressiva politica militare: infatti furono numerose le incursioni armate all’interno della Kalakuta, in una delle quali la stessa anziana madre di Fela perse la vita dopo essere stata scaraventata da una finestra; successivamente la comune fu data definitivamente alle fiamme, mandando in fumo così molte delle registrazioni prodotte fino a quel momento.
Nonostante i suoi musicisti cominciassero a temere per la propria incolumità, messa a rischio dai numerosi affronti pubblici durante le loro performances live, Fela decise di intraprendere anche la carriera politica, dando vita al movimento denominato M.O.P. (Movement Of the People), presentando nel 1979 la sua candidatura alle elezioni primarie nigeriane, candidatura che fu bocciata.
Palesemente insoddisfatto di questo esito, continuò comunque la sua propaganda registrando nuovi album e organizzando tour in tutto il suo paese sotto il nome di Egypt ’80.
Nel corso della sua vita il musicista è stato citato in tribunale circa 350 volte ed è stato incarcerato in tre diverse occasioni: nel 1984 fu arrestato con una banale accusa, che però lo vide impotente in prigione per ben venti mesi; questo evento suscitò la mobilitazione di molti gruppi a favore dei diritti umani, fino a spingere il generale Ibrahim Bagangida a rilasciare il patriota rivoluzionario Fela Kuti.
Questa ennesima esperienza non fece altro che rafforzare la sua volontà nel continuare a professare il suo messaggio di ribellione, tanto da conquistarsi una fetta di palco nel grande evento del 1986 al Giants Stadium di New Jersey, ovvero il Conspiracy of Hope concert organizzato da Amnesty International, al quale presero parte anche artisti come Carlos Santana, the Neville Brothers e Bono.
Nonostante le sue uscite maladrine e la sua vita alquanto sregolata, che certamente alimentano il suo mito, la fama di Fela continua a crescere anche dopo la sua morte, avvenuta nel 1997 per complicazioni dovute all'AIDS. Sulla sua vita e la sua musica sono stati pubblicati numerosi libri e album celebrativi, ma la sua maggiore eredità rimane comunque la sua musica: al suo attivo Fela può contare circa 47 album, la maggior parte dei quali pubblicati dall’etichetta Barclay Records. Tra tutti i miei preferiti restano il Live! con Ginger Baker del 1970, Expensive Shit del 1975 (l’omonimo singolo è stato remixato anche dal duo Masters At Work), ovviamente Zombie del 1976, ma anche l’album Music of Many Colours in collaborazione con Roy Ayers, al quale appartiene il singolo 2000 Blacks Got To Be Free nel quale si incrociano la delicata musicalità soul di Ayers e l’agressiva ritmica Afrobeat di Fela.
Nonostante l’assenza sulla scena musicale attuale di un personaggio così carismatico come Kuti, al giorno d’oggi è suo figlio Femi a portare avanti con la sua band dei Positive Force il messaggio del padre. Contemporaneamente, il suo vecchio arrangiatore Tony Allen continua a sviluppare quel suo originale sound, mescolandolo a più moderne vibrazioni, mentre una schiera di nuovi gruppi, come gli Antibalas, si fanno portavoce dell'Afrobeat nel 21° secolo.
E come scritto sulla t-shirt del dj americano Rich Medina indossata durante un’intervista:
FELA REST IN BEATS!
Claudio Valerio
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