29/07/13

JOHN LEGEND


L'incontro con The Roots deve aver fatto bene a John Legend. Negli album Once again ed Evolver, si sentiva puzza di sperimentazioni pop e sonorità modaiole, fatte con la consueta classe certo, ma il pericolo di cadere nelle mani del David Guetta di turno era a pochi passi. Invece, ?uestlove e soci l'hanno riportato alle radici con Wake Up!, tributo al periodo d'oro del soul con rivistazioni tutt'altro che scontate. L'aria buona respirata con la band deve essere piaciuta a John perché Who did that to you, dalla colonna sonora di Django, che in qualche modo preannuncia l'uscita del nuovo album, è un gran pezzo.

Facciamo un salto indietro nel tempo, quando John Stephens, questo è il suo vero nome, terminato il college a Philadelpia, si trasferisce a New York per suonare in alcuni locali notturni, dove vende personalmente i suoi demo al termine dei concerti. Il ragazzo piace, non solo al pubblico, ma anche a colleghi ben più affermati. La fama che lo precedeva era ottima, anche grazie alla collaborazione con Lauryn Hill in Everything is everything, ma diventa Leggenda quando Kanye West lo prende sotto la sua ala protettrice e gli cuce addosso il nome d'arte. Prima lo inserisce in Selfish, hit degli Slum Village, e poi nel suo album The college dropout, che vende oltre due milioni di copie. I due sono praticamente inseparabili - Legend accompagna Kanye West anche alla cerimonia dei Grammy - e il feeling della coppia fa pensare a tutti che il passaggio successivo sia proprio l'album di esordio di John Legend, che arriva nell'estate del 2004. In Get lifted, le idee sono di John, ma il suono, moderno e potente, è opera di Kanye. Il risultato è una bomba: è come se qualcuno avesse preso il soul degli anni '60 e '70, e lo avesse rimescolato in una macchina del tempo per trasportarlo ai giorni nostri. Un mix di classico e di fresco, di tradizione e di novità, che scala presto le classifiche Usa. John Legend dimostra di essere un ottimo autore, sia di ballad straordinarie come Ordinary people, sia di pezzi dal ritmo coinvolgente come Used to love you. In So high, sembra di entrare in una chiesa ad Harlem, mentre poco dopo ci si ritrova in un club con Snoop Dogg che lo affianca in I can change. Insomma, sono accontentati sia mamma e papà, appassionati dei classici della Motown, sia i figli che vogliono sculettare un po'. Get Lifted vende tre milioni di copie in tutto il mondo, è disco di platino negli Usa con quasi 2 milioni di copie e, nel 2006, vince il Grammy Award come miglior album R&B.

Il mondo di John Legend inizia a cambiare. Non deve più vendere personalmente i dischi al termine delle sue performance, anzi c'è la fila per acquistarli o per goderselo dal vivo, e scrive canzoni anche per altri artisti, tra i quali Alicia Keys. Ci sono grandi aspettative per il suo secondo album, che esce nell'ottobre del 2006. La fila di produttori di Once again è lunghissima: oltre al solito West, ci sono Will.i.am, Raphael Saadiq, Sa-Ra Creative partners. Tutto sembra perfetto, forse troppo. A partire dalla cover e dalle foto interne, che ci mostrano un John Legend tirato a lucido e alla moda. Anche i suoni hanno perso l'odore della strada. Ci sono degli ottimi pezzi come il singolo Save Room, che campiona la versione di Gabor Szabo di Stormy dei Classics IV, Pda We just don't care (la nuova Ordinary people), Each day gets better, ma la sensazione è quella di aver perso la freschezza che contraddistingueva il primo disco per lasciare spazio a un lavoro eccessivo di cesellatura. Lo si nota anche dal numero di copie vendute, che rispetto a Get lifted passa da tre a un milione.
Il tour che segue l'uscita del disco è entusiasmante e porta Legend in tutto il mondo, facendo apprezzare ancora di più le sue doti di intrattenitore, sia quando si esibisce con grande abilità al piano, sia quando si alza dalla sedia per far scatenare il pubblico. Il successo dei live probabilmente fa pensare che la strada presa sia quella giusta e l'album successivo, Evolver, che esce nel 2008, è una sorta di copia di Once again. Anche qui ci sono i produttori e le voci del momento (André 3000, Brandy, Pharrell, Estelle), ma più che di una evoluzione, si tratta di un passo falso all'indietro perché i momenti trascurabili dell'album sono maggiori di quelli felici (It's over).

Tutto finito? La nuova stella del soul ha già perso l'ispirazione?
Niente affatto. E il merito è di... Barack Obama. Per sostenere l'elezione dell'attuale presidente degli Usa, nel 2008, John Legend e i “leggendari” The Roots decidono di registrare un ep di cover di brani soul degli anni '60 e '70, legati dall'impegno civile. Il primo di questi è Wake up everybody di Harold Melvin & the Blue Notes. Al posto della voce di Teddy Pendergrass c'è quella di John Legend, accompagnato da Common e Melanie Fiona. Il progetto piace così tanto agli artisti coinvolti, che diventa un album vero e proprio, nel quale troviamo Hard times di Baby Huey & the Babysitters, Little ghetto boy di Donny Hathaway, Wholy Holy di Marvin Gaye, Hang on in there di Mike James Kirkland. C'è spazio anche per un salto nel reggae con Humanity di Prince Lincoln Thompson e per un inedito, Shine, scritto dallo stesso Legend. Sembra di essere tornati a Get Lifted, con John Legend di nuovo padrone della situazione, piuttosto che parte di un prodotto, e un suono volutamente grezzo, che riporta alle narici quell'odore forte che si respira solo nelle strade delle città in continuo fermento. E come è successo per Get lifted, anche qui i riconoscimenti non si fanno mancare: l'album è stato premiato ai Grammy Awards 2011 nella categoria Best R&B album e i brani Shine e Hang on in There, in esso contenuti, si sono aggiudicato la statuetta rispettivamente come Best R&B song e Best traditional R&B vocal performance.

Cosa ci aspetta per il futuro? Per ora godiamoci, Who did that to you, inserita da Quentin Tarantino nella colonna sonora di Django, scritta da Legend dopo aver saputo dell'imminente lavoro del regista. Voleva assolutamente esserci in quella colonna sonora e ci è riuscito. Sarà per il suono vintage del campionamento utilizzato, The Right to Love You dei Mighty Hannibal's, ma il pezzo sembra scritto proprio per affrontare il nemico guardandolo dritto negli occhi dopo aver percorso una strada polverosa.
Per il prossimo album, invece, dobbiamo solo aspettare qualche mese: il 3 settembre 2013 uscirà Love in the future: quale John Legend troveremo, quello di Dance the pain away con Benny Benassi o quello di Made to love, che il buon John ci fa ascoltare come assaggio del nuovo lavoro?
Ne riparliamo dopo l'estate.



1 commento:

  1. Per pura curiosità, e con molto scetticismo ho ascoltato il nuovo LP già disponibile in rete da una settimana (Plixid, etc.)e come sospettavo la vena creativa di J.Legend si è esaurita da tempo, esattamente dopo il suo secondo lavoro, a parte la collaborazione con i Roots, "A MIO PARERE" difficilmente il nostro riuscirà a risalire la china......Peccato!

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