La musica è atavica portatrice di messaggi e in Willie Hutch ha un suo fedele ambasciatore: voce per le parole in un vortice di genio e creatività, espressioni avvolte in tonalità acute e delicate al contempo, vibrazioni nate dal doo-wop e sfociate nel funk più puro, sinonimo di quella sessualità che bene si esprime nel filone cinematografico della Blaxploitation - nato e sviluppatosi nella prima metà degli anni '70 grazie soprattutto a pellicole quali Shaft (1971) e Superfly (1972) e che caratterizzava produzioni a basso costo, fortemente di genere, con protagonisti-eroi, per la prima volta, afro-americani – per le cui colonne sonore Willie Hutch è stato, ed è, un simbolo riconosciuto.
Scrivere di questo produttivo artista è cosa davvero complicata, riuscire a formulare un qualche razionale pensiero durante l'ascolto del theme di Foxy Brown o della track Brother's Gonna Work It Out è impresa titanica: vorresti solo seguire il ritmo che ti pulsa nelle vene, sudare, sudare e sudare, e poter urlare a squarciagola “I'm black and I'm proud!”.
Nato in California ma cresciuto a Dallas tra l'amore della famiglia e quello per la musica, sin da piccolo vive il dolce tormento dell'artista, diviso tra ragione e sentimento, osservando il mondo attraverso gli occhi della passione.
Nella prima metà degli anni '60, tornato dall'esercito nella sua Los Angeles, Willie Hutch ha solo la musica nel cuore e la voglia di esprimersi attraverso le note, ma dovrà attendere qualche tempo prima che la sua impronta cominci davvero a lasciare il segno, ed esattamente sino al 1966, anno in cui il gruppo The Fifth Dimension debutta, per la Soul City Records di Johnny Rivers, con il singolo da lui scritto, I'll Be Loving You Forever.
Prolifico autore di successi per svariati gruppi, cresciuto con la musica di Nat King Cole, Sam Cooke, Jackie Wilson, vive il boom professionale negli anni '70, quando la sua versatilità viene riconosciuta e premiata: dopo numerose demo inviate all'etichetta Motown, all'attenzione del produttore Hal Davis alla sede di Los Angeles, ecco che i due divengono amici e che, nell'estate del 1970, lo stesso Davis si precipita a casa di Hutch per commissionargli il riarrangiamento di un pezzo contenuto in una sua demo per un un gruppo a cui occorreva una love song; fu così che nacque I'll Be There, interpretata dai Jackson Five. Sulla scia dell'entusiasmo e della buona sorte, di lì a poco scrisse le musiche per i primi due album solisti di Smokey Robinson, reduce dall'esperienza dei The Miracles e, a detta dello stesso Hutch, “Fu come essere morto e trovarsi in Paradiso!”. Colpito dall'incredibile passione e capacità dell'artista, il fondatore della Motown, Berry Gordy, lo volle fortemente tra le divinità del suo Olimpo, dove lavorò con artisti del calibro di Marvin Gaye, The Temptations, Diana Ross, e incise pezzi propri racchiusi in numerosi album: Soul Potrait, il primo, uscito nel 1969, seguito – tra gli altri - da Seasons for Love, che contiene la cover del classico Wichita Lineman, Mark Of The Beast (1975) e il live del 1976 Concert In Blues.
I '70 sono anche gli anni della Blaxploitation e dell'enorme, imponente successo di Willie Hutch come autore e interprete delle colonne sonore di The Mack (1972) e Foxy Brown (1975), occasione per lui di vivere un altro aspetto di sé, corposo e suadente, forte e ammaliante.
Ancora nel 1975, portò il singolo Love Power (traccia B1 dell'album Ode To My Lady, n.d.a.) nella Top 40 americana e realizzò cinque album solisti per la Motown, prima di raggiungere l'amico Norman Withfield alla sua neo-nata etichetta, con la quale incise In Tune e Midnight Dancer, rispettivamente del 1979 e del 1980. Tre anni più tardi fece un breve ritorno alla Motown, giusto il tempo di scrivere What Have We Got To Lose per le splendide corde vocali di Four Tops con Aretha Franklin, realizzare la colonna sonora del film Last Dragon (1985) e produrre i suoi due album In & Out e Making a Game Of Love.
Dopo il terremoto del 1994, da Los Angeles tornò a Dallas dove, nel suo nuovo studio di registrazione, diede vita agli album From The Heart nel 1994, The Mack Is Back nel 1996 e Sexalicious nel 2002 e partecipò, nello stesso anno, all'apprezzato (ma sottovalutato) documentario di Laura Nix sulla Blaxploitation “Mackin' Ain't Easy”.
Scomparso nel 2005 per cause ancora del tutto non chiarite, questo appassionato artista rimane nella memoria degli amanti del genere che in Willie Hutch riconobbero prima di tutto un poeta: “Scrivere canzoni e arrangiarle era una libertà che nessuno poteva portarmi via. Lo scrivere mi diede la libertà di andare ovunque volessi”. Rest in peace, ovunque tu sia.
Astrid Majorana
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