Con un salto attraverso lo specchio del suo mondo visionario, Tarantino, insolito Bianconiglio, ci guida in un mondo dal tempo riavvolto: la Regina Nera, con le fattezze di una splendida Pam Grier, regna incontrastata su una terra dominata da corruzione, perversione e criminalità; attorno, personaggi che intrecciano storie così realistiche da favorire la condivisione di quella morale – non poi così corrotta – che spinge Jackie oltre i limiti.
Blaxploitation docet, perché gli ingredienti ci sono tutti, e si fanno ben visibili: lo “sfruttamento del nero” (da cui il termine, unione di “black” ed “exploitation”) qui riproposto come omaggio ai classici del filone (i protagonisti – quelli tosti – sono neri, ma il bianco non è la “cancrena bianca” delle origini), storie di eccessi di violenza, tradimenti incalzanti, sesso (qui accennato) e musica, tanta musica; ma non una colonna sonora qualsiasi, no: qui ci sono quel funk e quel soul che un film à la blaxploitation ha il dovere di sfoggiare.
Il passaggio a questo mondo di delirante egocentrismo e di genuino egoismo ci è allietato da una voce che, sola, vale più di mille altre: “Across 110th Street” di Bobby Womack suggerisce il giusto ritmo per iniziare il nostro viaggio ai confini del tempo. Voce calda ed appassionata perfetta per narrare la storia di uomini qualunque con la medesima sensibilità di artisti come Marvin Gaye e Curtis Mayfield. A contraltare, ecco apparire i The Meters che, con la loro “Cissy Strut” pervasa da roboanti linee di basso, si riconfermano tra i pionieri del funk, semmai un dubbio ci avesse sfiorati.
C'è anche l'amore, quello che solo i Delfonics sanno raccontare: sapienti maestri di quel soul che a Philadelphia, negli anni '70, vide la luce dalla commistione di soavi melodie con arrangiamenti funk e sonorità jazz, e le cui note sottolineano il crescendo del sentimento tra i due protagonisti, così diversi tra loro, ma così vicini da apparire perfetti l'uno agli occhi all'altra.
Indiscusso dominatore di questa colonna sonora divenuta tutt'uno con lo sviluppo della trama ed i suo intrecci è Roy Ayers, amato vibrafonista e stimato compositore il quale, con la maestria che lo contraddistingue, compone una perfetta didascalia ai momenti d'azione della pellicola servendosi delle note delle sue “Exotic Dance”, “Aragon” ed “Escape” (tutte tratte dal film “Coffy”, diretto da Jack Hill nel 1973).
Dal canto suo Randy Crawford, inconfondibile ugola dei Crusaders, con “Street Life” provvede a scandire il tempo ed il senso dell'avventura che Jackie sta vivendo viaggiando, a bordo della sua macchina, verso il luogo dove si giocherà il tutto e per tutto, in nome di una sacrosanta giustizia privata.
Ogni traccia scelta dal regista come accompagnamento e parte stessa dell'opera ha vita propria e costituisce, spesso, un richiamo esplicito alla fonte da cui attinge (tra tutti “Long Time Woman”, cantata dalla stessa Pam Grier, in riferimento al film "The big doll house - Sesso in Gabbia” che la vede tra le principali interpreti).
Numerose le personalità che si incontrano in questa storia, ancor più numerose le voci che ne narrano le sfumature, ma ecco che, quando ogni tassello si ritrova al proprio posto, la voce che ci saluta è, ancora una volta, quella di Bobby Womack che, ora, ci riporta, dolcemente, alla realtà.
Astrid Majorana
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